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Perchè è importante vaccinare contro il Covid anche i bambini piccoli

"I genitori devono vaccinare i propri bambini senza alcun timore. Il vaccino è sicuro, protegge e stressa il sistema immunitario 100 volte meno dell’infezione, fornendo una protezione da questa e dal rischio di complicanze come il Long Covid”. L'intervista a Giuseppe Piccinni, microbiologo e virologo, responsabile del centro vaccinale IDI Roma

Mentre la scuola è ripartita in presenza in quasi tutta Italia lunedì 10 gennaio tra caos e polemiche, oggi, in seguito alla sospensione da parte del Tar dell’ordinanza del presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca, con cui aveva rinviato l'inizio dell'anno scolastico al 29 gennaio, sono tornati in aula anche gli studenti delle Regioni Campania e Sicilia. “Insistere sulla presenza è una misura sanitaria importante che permette ai ragazzi di essere in una situazione controllata”, ha spiegato il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi. Ma, in una condizione come quella attuale, in cui la variante Omicron corre veloce e parallela alla Delta, facendo schizzare sempre più in alto il numero di contagiati, “è assolutamente necessario vaccinare al più presto anche i bambini”, ha precisato l’Istituto Superiore di Sanità. Secondo quanto emerge dal Report vaccini anti-Covid aggiornato all’8 gennaio, sono 459.251 i bambini tra i 5 e gli 11 anni con almeno una dose di vaccino: si tratta del 12,56% della popolazione 5-11 anni. Di questi 587 (lo 0,02%) hanno ricevuto anche la seconda dose, e, dunque, completato il ciclo vaccinale.

“L’affluenza ai centri vaccinali è ancora molto bassa - sottolinea a Today Giuseppe Piccinni, microbiologo e virologo, responsabile del centro vaccinale IDI (Istituto Dermopatico immacolata) di Roma -. I genitori devono capire che anche i bambini possono contrarre il Covid e, seppure in misura minore rispetto all’adulto, anche nell’età infantile l’infezione da Sars-CoV-2 può comportare dei rischi seri per la salute, come il Long Covid”. La vaccinazione, ancora una volta, è l’unica arma certa per combattere la pandemia. “Ora che l’offerta è estesa anche alla fascia d'età 5-11 anni, è fondamentale vaccinare anche loro - continua Piccinni -. Ricordo, inoltre, che il vaccino Pfizer somministrato nei bambini si è mostrato efficace nel ridurre di circa il 91% il rischio di infezione”.

Perché vaccinare anche questa fascia d’età è fondamentale per frenare la corsa del virus? Quali sono gli effetti collaterali del vaccino? E dopo quanto tempo dall'inoculazione il bambino sviluppa l'immunità? 

Dottor Piccinni, qual è la situazione negli ospedali pediatrici italiani?

“Dall’inizio dell’epidemia, come riportano i dati dell'Istituto Superiore di Sanità, nella fascia 6-11 anni ci sono stati oltre 263mila casi Covid, 1.453 ricoveri in reparti ordinari, 36 ricoveri in terapia intensiva e 9 decessi. Nelle ultime settimane il numero di contagi in questa fascia di età è in crescita, così come lo sono i ricoveri, soprattutto tra i piccolissimi, anche neonati. Circa 6 bambini su 1000 vengono ricoverati in ospedale e circa 1 su 7mila in terapia intensiva. Ad aver determinato questo aumento è stata sicuramente la maggiore contagiosità della variante Omicron - che entro fine mese probabilmente supererà la Delta per numero di infezioni -, oltre al fatto che in queste feste sono effettuati più tamponi, quindi sono emersi anche icasi asintomatici o paucisintomatici”.

Il 16 dicembre sono partite le somministrazioni del vaccino anti-Covid nei bambini tra i 5 e gli 11 anni. Quanto è importante vaccinare anche questa fascia d’età?

“In questo momento la vaccinazione nei bambini assume una grande importanza, ha una valenza salvavita per l’intera comunità. I bambini attualmente ricoprono la funzione di incubatori del virus perché, non essendo ancora vaccinati, possono trasmettere con faciltà l’infezione agli adulti sani e ai fragili, oltre che ai propri coetanei e ai più piccoli. Vaccinarli ora è fondamentale per arginare la mancata controllabilità delle varianti del virus. Il vaccino tutela i bambini e chi gli sta intorno. I bambini si infettano come gli adulti, e una buona percentuale di loro (più del 10/15%) sviluppa il Long Covid, una condizione patologica che persiste per più di quattro settimane dopo la negativizzazione e che porta stanchezza eccessiva, dolori muscolari e articolari, predisposizione a sviluppare patologie asmatiche, ecc, tutti sintomi che non guariscono completamente ma tendono a cronicizzare nel tempo. I bambini tra i 5 e i 11 anni sono la fascia più difficile da inquadrare dal punto di vista patologico, perchè a questa età si manifestano i sintomi tipici delle patologie dell’infanzia, una malattia esantematica mascherata nel bambino ha gli stessi sintomi del Covid. E’ questo il problema: il bambino può trasmettere l’infezione senza saperlo, oltre ad essere un veicolo di contagio per i coetanei, lo è anche per gli adulti, e questo crea condizioni favorevoli per la nascita di nuove varianti”.

Perché i genitori hanno paura di vaccinare i propri figli?

“E’ una paura infondata. Il vaccino Pfizer (quello utilizzato nei bambini) è un vaccino efficace e sicuro, perché non utilizza particelle di virus inattivate, ma contiene una molecola (l'RNA messaggero) al cui interno c'è un’informazione che viene fornita alla cellula affinchè questa produca la proteina Spike (l'antigene) e, quindi, il sistema immunitario produca anticorpi contro di essa. E’ una sorta di presa in giro del sistema immunitario. E’ un meccanismo banale ma anche grandioso. La molecola, una volta terminata la sua funzione, viene subito disintegrata dall’organismo. A confermare quanto sia fragile questa molecola è la catena del freddo a cui è soggetto il vaccino per la conservazione: le dosi vengono trasportate in un frigo a -80° e prima della somministrazione trasferite in un altro frigo a +4°. Se non rispettassimo questa catena del freddo rischieremmo di inoculare una soluzione fisiologica. I genitori devono capire che il vaccino non comporta alcun rischio per i loro bambini, la molecola proteica, l’mRNA, non va assolutamente ad interferire con il genoma umano visto che si disintegra a livello cellulare. La tecnica utilizzata per il trasporto dell’RNA messaggero, è testata da tempo nel campo oncologico, e sarà la tecnica che salverà in futuro molti bambini da diverse patologie oncologiche”.

Quali sono gli effetti collaterali più comuni del vaccino anti-covid nei bambini in età pediatrica?

“Partiamo col dire che la dose di vaccino Pzifer inoculata nei bambini è ridotta rispetto a quella utilizzata negli adulti over 12: è 1/3, cioè 10 mg, contro 30 mg (dose per gli adulti). Le reazioni avverse sono praticamente nulle, se non quelle che si manifestano con le altre vaccinazioni raccomandate, vale a dire dolore al braccio, un pò di iperpiressia (facilmente controllabile con antipiretici), tutti sintomi lievi che si risolvono nel giro di 1-2 giorni. Associare miocarditi e sindromi immunodepressive al vaccino Covid nei più piccoli è una fake news, una relazione priva di qualsiasi base scientifica. Il vaccino ha il ruolo di preparare l’organismo del bambino a una possibile e futura battaglia contro il Covid, ma senza stressare particolarmente il sistema immunitario, come invece fa l’infezione vera e propria”.

Dopo quanto tempo dall’inoculazione il bambino sviluppa l’immunità?

“Il sistema immunitario di un bambino si sviluppa già a partire dalla 13esima/14sima settimana di gestazione, quindi, quando nasce è già pronto a rispondere agli attacchi microbici provenienti dall’ambiente. Detto questo, dopo la prima dose, dopo poche ore dall’inoculazione, il sistema immunitario comincia già a sviluppare anticorpi contro il coronavirus. La seconda dose è, quindi, un richiamo, non fa altro che “richiamare” la memoria in modo che il sistema immunitario continui a produrre questi anticorpi contro la proteina Spike. Ma vorrei chiarire un aspetto importante: la produzione di anticorpi non rende immuni all’eventuale infezione da contatto. Dopo la prima, la seconda, o la terza dose, il virus può comunque entrare nell’organismo del bambino, come dell’adulto, ma non avrà vita facile, perchè quasi nell'immediato sarà attaccato dagli anticorpi prodotti dal sistema immunitario: questo processo si traduce dal punto di vista clinico con dei sintomi lievi ed attenuati tali da essere scambiati per un’influenza, soprattutto nei più piccoli. Nessun vaccino blocca l’infezione, impedisce il contatto con la noxa patogena, ma, se il soggetto è vaccinato ed entra in cotatto con il virus, il sistema immunitario reagisce in maniera molto più aggressiva, oltre che immediata, rispetto a come farebbe se non fosse vaccinato”.

I vaccini, quindi, bloccano la trasmissione del virus?

“Dal momento in cui il bambino entra in contatto con il virus, il sistema immunitario scatena per respingerlo, la virulenza della risposta è tale da non rendere l’organismo capace di trasmette l’infezione ad un altro organismo, capacità che, invece, avrebbe se non fosse vaccinato. La vaccinazione, quindi, sì, bloccaa la trasmissione del virus, ma esiste comunque un rischio, seppure, basso di trasmissione soprattutto se accanto all'organismo infetto si trovano soggetti fragili come gli immunodepressi”.

Se un bambino ha avuto il Covid ed è guarito, deve fare comunque il vaccino?

“L’influenza da coronavirus, generalmente, consente al sistema immunitario di avere una buona memoria immunologica per almeno 90/120 giorni. Per i tre mesi successivi all'infezione il bambino è coperto. Il richiamo, quondi, è consigliato dopo almeno tre mesi dall’infezione”.

Si consiglia di fare il test sierologico prima della vaccinazione?

“Assolutamente no. Non ha senso. Dosare gli anticorpi non dà l’idea della copertura, ma solo di un contatto. Il dosaggio degli anticorpi non ci dice quando abbiamo avuto il contatto (se da più o meno di tre mesi) e, quindi, per quanto tempo saremo coperti. Se, ad esempio, un adulto ha 20mila anticorpi non è più coperto di chi ne ha 100. Chi ha 100-200 anticorpi, probabilmente, reagirà bene all’infezione come chi ha un altissimo titolo anticorpale. E’ la memoria linfocitaria che conta, non il numero di anticorpi”.

Recentemente è stata autorizzata anche la dose booster per i ragazzi tra i 12 e i 15 anni. Quale funzione ha la terza dose?

"Bisogna fare una distinzione. La dose booster segue la seconda dose (che conclude il ciclo vaccinale) e rappresenta un richiamo della memoria linfocitaria. La dose addizionale è, invece, la terza dose che si fa con un intervallo di tempo ridotto dopo la seconda, e conclude il ciclo vaccinale nei pazienti fragili, tra cui anche i bambini con sistema immunitario compromesso (che necessitano di tre dosi anziché due). Quindi l’addizionale non è un booster ma il completamento di un ciclo vaccinale per una determinata categoria di pazienti. Detto questo, chiariamo quali funzioni hanno seconda e terza dose: mentre la seconda dose stimola il sistema immunitario a produrre anticorpi, fornendo una copertura contro il virus per 90/120 giorni, la terza sollecita nuovamente la memoria linfocitaria, la risveglia, è come se le dicesse "non ti riposare, stiamo ancora combattendo".

Cosa vuole dire a quei genitori che hanno il timore di sottoporre i propri figli al vaccino anti-Covid?

“Vaccinare i bambini è fondamentale per vincere la battaglia contro il Covid. I genitori devono vaccinare i propri bambini senza alcun timore, il vaccino è sicuro, protegge e stressa il sistema immunitario 100 volte meno dell’infezione, fornendo una protezione da essa e dal rischio di complicanze come il Long Covid”.

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