Come riconoscere se una mascherina è contraffatta
Indossare una mascherina non a norma può esporre noi e chi ci circonda ad un contagio estremamente facile. Ecco una piccola guida per riconoscere se il prodotto rispetta o meno la normativa UE
Se a inizio pandemia le mascherine mediche scarseggiavano per l'improvvisa domanda elevata, oggi ce ne sono così tante in vendita, nei negozi fisici e online, che è difficile distinguere quelle a norma dalle contraffatte. Già a partire dalla primavera del 2020 i NAS e l'Agenzia delle dogane hanno iniziato a sequestrare milioni e milioni di mascherine non a norma. Indossare una Ffp2 (diventata obbligatoria con l’ultimo decreto anti-Covid in tutti i luoghi al chiuso diversi dalla propria abitazione, compresi i mezzi di trasporto pubblico) contraffatta può esporre noi e chi ci circonda ad un contagio estremamente facile. Imparare a riconoscere quelle non a norma è, quindi, fondamentale per non indossare prodotti inefficaci che ci espongono al pericolo di contagio.
Come chiarito anche dell’Istituto Superiore di Sanità, “le mascherine certificate devono riportare sulla confezione o sul prodotto il marchio ‘CE’ accompagnato da un codice di quattro numeri che identifica l'organismo che ha certificato la conformità del prodotto alla norma europea”. Ma, molto spesso, la certificazione viene effettuata dagli stessi produttori e non dall’ente certificatore autorizzato, così risulta ancor più difficile individuare i prodotti contraffatti. Ma facendo una maggiore attenzione alle informazioni riportate sulla confezione e sulla mascherina stessa, è possibile riconoscere quelle non conformi al Regolamento/Legge EU di riferimento.
Le tipologie di mascherine
Le mascherine di protezione si dividono in due categorie: chirurgiche, utilizzate solitamente da medici e infermieri in sala operatoria per proteggere il paziente dalla contaminazione, e le Ffp1, Ffp2 e Ffp3 (o N95, N99 e N100 nella normativa americana), utilizzate per proteggere gli operatori sanitari e i ricercatori di laboratorio dalla contaminazione esterna, e per questo chiamate Dpi (Dispositivi di protezione individuale). Ma vediamo quante tipologie esistono, come sono fatte e in cosa si differenziano.
- Mascherine chirurgiche. Sono composte da tre strati di TNT (tessuto non tessuto), un materiale plastico che per le sue caratteristiche si presta alla funzione richiesta da queste mascherine. Il primo strato è in melt blown (realizzato "schiumando" il polipropilene che gli conferisce la capacità di filtrazione), il secondo è in spunbond (che invece assomiglia di più ad un vero tessuto e serve a bloccare la parte umida del respiro ed eventuali sostanze organiche provenienti dall'esterno, incluse le goccioline di saliva (droplets) portatrici del virus) e un terzo strato, tipicamente in spun bond, che è a contatto con il volto e protegge la cute dallo strato filtrante.
- Mascherine Ffp. Le mascherine filtranti facciali (Ffp) vengono utilizzate solitamente dagli operatori sanitari e, in generale, da chiunque si trovi in una situazione ad alto rischio in spazi chiusi con poco ricambio d’aria, perché il materiale che li costituisce, ha un’alta capacità di filtraggio dell’aria. Sono costituite da più strati di tessuti: uno strato interno in tessuto non tessuto che assorbe le particelle umide emesse dal naso e dalla bocca, e mantiene un livello di umidità stabile nella mascherina oltre a mantenerne la forma; il primo strato intermedio che filtra le particelle di polvere più piccole e le trattiene elettrostaticamente; il secondo strato intermedio che contiene un filtro in polipropilene capace di intrappolare anche le più piccole particelle sospese nell’aria; e, infine, uno strato esterno, trattato come idrorepellente, che isola la mascherina esternamente e protegge dalle particelle di grandi dimensioni. Inoltre, avendo una migliore aderenza al viso, le Ffp non permettono all’aerosol di fuoriuscire, a patto, però, che vengano indossate correttamente. Ne esistono tre tipologie: Ffp1, Ffp2 e Ffp3.
Da cosa proteggono
I coronavirus hanno dimensioni di 100-150 nanometri di diametro (600 volte più piccoli di un capello) e possono essere trasmesse mediante goccioline (droplets) delle secrezioni di naso e bocca che vengono emanate durante la respirazione, quando si parla, e in grandi quantità quando si tossisce o si starnutisce. In particolare, secondo un recente studio internazionale coordinato dall'Università di Padova, in un ambiente umido, le goccioline infette possono raggiungere oltre 1 metro se si parla, fino a 3 metri se si fa un colpo di tosse, fino a 7 metri se si starnutisce. Se, invece, si indossano le mascherine chirurgiche o le Ffp, il rischio di contagio diventa praticamente trascurabile sia che si parli, sia che si tossica sia che si starnutisca.
Qual è la capacità filtrante
Le mascherine chirurgiche hanno una capacità filtrante pressoché totale verso l’esterno (superiore al 95% per i batteri), mentre è ridotta dall’esterno verso chi le indossa di circa il 20%, anche per la scarsa aderenza al volto. Ma, se ben indossate da tutti coloro che entrano in contatto, sono molto efficaci nell’impedire a chi le indossa di contagiare altre persone, come dimostrato da uno studio pubblicato su Nature Medicine. Rispetto alle chirurgiche, le Ffp hanno una capacità filtrante superiore e proteggono sia chi le indossa sia chi gli sta intorno, a patto che aderiscano bene al viso, con alcune differenze tra le diverse tipologie:
- le Ffp1 hanno una capacità filtrante dall’esterno verso l’operatore e viceversa del 72%;
- le Ffp2 hanno un capacità filtrante in entrambe le direzioni del 92% (inoltre sono ben tollerate e devono essere cambiate meno di frequente perché il potere filtrante si mantiene);
- le Ffp3 hanno una capacità filtrante verso l’interno ed esterno pari al 98% (sono quelle che proteggono in modo pressoché totale, perché i pori filtranti sono più piccoli del virus, ma possono essere mal tollerate da chi le indossa, perché all’interno della mascherina si accumula l’aria espirata rendendo più faticosa la respirazione, inoltre l’umidità della maschera ne riduce il potere filtrante in entrata e, pertanto, devono essere cambiate frequentemente).
Ffp con valvola
Fino ad ora abbiamo fatto riferimento alle mascherine Ffp senza valvola, più comuni e utilizzate, ma esistono anche Ffp con la valvola di espirazione. Queste ultime hanno la caratteristica di consentire una agevole respirazione: la valvola permette, infatti, un maggiore comfort perché consente la fuoriuscita di aria calda ed evita la formazione di condensa. In questo modo, però, permettono anche la diffusione di particelle o aerosol potenzialmente contagiosi. Contrariamente alla Ffp senza valvola, questo tipo di mascherina protegge infatti solo chi la indossa ma non chi gli sta intorno. Gli esperti consigliano, per questo motivo, di privilegiare quelle senza valvola.
Macherine usa e getta o riutilizzabili
Le mascherine chirurgiche sono usa e getta (da utilizzare per non più di otto ore), e non esistono procedure scientificamente validate per la loro “disinfezione”. L’utilizzo di disinfettanti o vapori di aria calda potrebbero danneggiarne il tessuto, facendo perdere l'efficacia della mascherina. Se non si ha a disposizione una nuova, la si può lasciare all’aria aperta per almeno 12 ore prima di riutilizzarla, stando bene attenti a non toccare la parte interna.
Le mascherine Ffp, se non riutilizzabili (NR) possono essere usate per non oltre 8 ore, se riutilizzabili (R) possono essere trattate - come suggeriscono alcuni produttori di ddpi - con una soluzione idroalcolica disinfettante spray al 70%, ma anche in questo caso non esistono metodi di cui sia stata accertata l’effettiva validità.
E le mascherine in tessuto?
Le mascherine di tessuto lavabili avevano avuto un gran successo all’inizio della pandemia, quando era molto difficile trovare mascherine chirurgiche e ancor più complicato reperire le Ffp2. Molte persone preferiscono indossare le mascherine di tessuto perché più comode e alla moda, ma questi dispositivi possono bloccare solo le goccioline di dimensioni più grandi e non le particelle più piccole che trasportano il coronavirus. A sottolineare la inefficacia delle mascherine di stoffa, sconsigliandone l’uso a favore delle Ffp2, un recente articolo del Wall Street Journal, secondo cui le mascherine di stoffa a strato singolo potrebbero non dare una protezione adeguata in particolare contro la variante Omicron. Il consiglio degli infettivologi è di abbinare le mascherine di stoffa a modelli chirurgici o di passare a maschere respiratorie più protettive.
Come riconoscere una mascherina di qualità
Indossare, quindi, mascherine inefficaci o dotate di certificazioni false potrebbe voler dire esporsi al pericolo di contagio. Ma come è possibile distinguere una mascherina a norma da una contraffatta? Il primo accertamento per garantire la conformità al Regolamento/Legge EU appropriato, è verificare la presenza del marchio CE sui dispositivi di protezione e sulle loro confezioni. Per fare questo bisogna, innanzitutto, capire qual è il Regolamento di riferimento.
Mascherine Ffp2 e Ffp3
Le mascherine filtranti Ffp2 e Ffp3 fanno parte dei “Dispositivi di Protezione Individuale” (DPI) e ricadono sotto il Regolamento (EU) 425/2016: su questi DPI il marchio CE deve essere seguito da un numero di quattro cifre che identifica l’Organismo Notificato, responsabile della fondatezza della conformità al Regolamento. Le informazioni da controllare, quindi, sono: marchio CE ben visibile, leggibile e indelebile; tipologia di DPI (FFP2 o FFP3); riferimenti alle norme armonizzate applicate (EN 149:2009); una dichiarazione che attesta che i DPI rispettano i requisiti minimi per salute e sicurezza; il numero identificativo e il nome dell’organismo notificato; il nome e l’indirizzo del fabbricante o del mandatario. Altro controllo da fare è verificare se l’ente certificante compare sulla lista NANDO della Commissione Europea, una piattaforma che contiene tutti i dati riguardo gli organismi di certificazione accreditati e notificati per il Regolamento UE 425/2016 e per la tipologia di DPI (Equipment providing respiratory system protection).
Mascherine chirurgiche
Le mascherine chirurgiche rientrano nella categoria “Dispositivi Medici” (DM) e ricadono sotto il Regolamento (EU) 745/2017. Le mascherine chirurgiche sono un esempio di DM per i quali il fabbricante è direttamente responsabile della marcatura CE. Le informazioni da verificare in questo caso sono: marchio CE ben visibile, leggibile e indelebile; riferimento alle norme armonizzate EN 14683:2019 e EN ISO 10993-1:2010; classe di filtrazione della mascherina (Tipo I, Tipo II o Tipo IIR); nome e indirizzo del fabbricante o del mandatario; dichiarazione che attesta che le mascherine rispettano i requisiti di salute e sicurezza relativi alla Direttiva 93/42/CE. Infine, le mascherine DM vendute in Italia devono essere registrate nella “Banca dati dispositivi medici” (un registro pubblico nel quale è possibile individuare un articolo grazie al numero di registrazione assegnato).
Altri requisiti
Altri requisiti facilmente verificabili sulle etichette/confezioni sono l’indicazione della data limite di utilizzazione del dispositivo, i numeri di lotto, di serie e il nome, con indirizzo, del fabbricante (se questo è extra comunitario, devono comparire i dati del suo mandatario (chi ha ricevuto dal fabbricante un mandato scritto che lo autorizza ad agire per suo conto presso la Comunità Europea).
Si ricorda, infine, che oltre a verificare se una mascherina è a norma, bisogna anche utilizzarla correttamente, non tenenendo il naso scoperto nè abbassandola e alzandola continuamente.
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